05 apr 2018

E’ difficile risalire alle origini della storia della pasta per diversi motivi. La parola stessa “pasta” significa “massa molle” che è già un chiaro riferimento alla composizione dell’impasto. La ricetta, fatta da ingredienti semplici che esistono da secoli, è infatti una combinazione di farina, acqua o uova, che mischiati rivelano un composto appiccicoso. Ad ogni modo in questo articolo faremo un viaggio del piatto principe delle nostre tavole dalla storia alla produzione per finire con un’analisi volta al mercato.

STORIA

La pasta, dal latino păstam verbo pássein cioè ”impastare”, abbreviazione della pastasciutta, è la regina della tavola degli italiani, ma non solo. L’Italia è forse la terra che ha dato i natali a questo prodotto, forse ottomila anni fa, in età neolitica quando l’uomo iniziò a coltivare i cereali. Anche se la storia dovesse dire che l’Italia non è stato il primo Paese in cui una persona ha impastato la farina e gli altri ingredienti, è sicuramente la terra che ha reso questa semplice alchimia di prodotti della natura un prodotto sublime, desiderato e apprezzato in tutto il mondo.

La Pasta, in Italia, si divide in diverse tipologie: Pasta Secca, Pasta Fresca, Pasta all’Uovo

Tra tutte le tipologie è la pasta secca che la fa da padrona. Infatti, la pasta secca rappresenta oltre il 75% dei consumi totali di pasta. La ricetta della pasta secca si realizza con una particolare, ed esclusiva, tecnica italiana della estrusione attraverso filiere al bronzo, dalla laminazione e successivo essiccamento. Gli impasti sono preparati solo con semola di grano duro ed acqua.

La ricetta della pasta secca si realizza con una particolare, ed esclusiva, tecnica italiana della estrusione attraverso filiere al bronzo, dalla laminazione e successivo essiccamento. Gli impasti sono preparati solo con semola di grano duro ed acqua.

Il principale produttore di Pasta Italiana è la Puglia, specialmente nella provincia di Foggia. In questa terra, infatti, si realizza il 50% del fatturato nazionale.

La storia della pasta però nasce nella cornice della Pasta Fresca, la quale è nelle case degli italiani da sempre. La ricetta della Pasta Fresca è da molti indicata da un rapporto semplice. Per ogni 100 grammi di farina occorre aggiungere un uovo, ma solo le sapienti mani di chi impasta può variare questa regola.

Infatti, la grandezza dell’uovo, l’umidità dell’ambiente e altri fattori che non possiamo indicare perché sono segreti inconfessabili, sono le variabili della pasta fresca.

La Pasta all’Uovo, infine, è il matrimonio tra le due paste indicate in precedenza. La ricetta della Pasta all’Uovo segue molte delle regole della pasta secca, ma con l’aggiunta di uova di gallina private del guscio, come accade per la pasta fresca.

La  Tradizione Agroalimentare italiana riconosce una lunga striscia di tipici formati di pasta, lunga più delle tagliatelle, degli spaghetti, e delle diverse tipologie di paste ripiene (tortellini, agnolotti, casonsei, cappelletti, tortelli, ecc):

  • Orecchiette pugliesi o baresi (Puglia)
  • Pasta col ferretto (Calabria)
  • Pasta di Gragnano (Campania)
  • Scialatielli (Campania)
  • Pizzicotto (Lazio)
  • Trofie (Liguria)
  • Pasta câ muddica (Sicilia)
  • Pasta chî sardi (Sicilia)
  • Pasta chî vrocculi arriminati (Sicilia)
  • Strascinati baresi (Puglia)
  • Sagne ‘ncannulate leccesi (Salento)

MERCATO

L’Italia è al al primo posto nel mondo  per produzione di pasta. Con un FATTURATO che si avvicina ai 5 miliardi di euro annui e quasi 700 milioni di chili venduti.

In Italia produciamo oltre quattro milioni di tonnellate di frumento, con un consumo pro capite nazionale di 28 chili annui. Inoltre, l’expo supera il milione e trecentomila tonnellate annue.

“Italiani testa di spaghetti?”

Possiamo attestare che il tentativo di etichettarci con appellativi quali “testa di spaghetti”, “mangia pasta”, ecc, è assolutamente corretto. Ma non è certo per noi un insulto. “Caro non italiano, se ci associ alla pasta e pensi di insultarci, sappi che stai solo facendo uno dei migliori complimenti che potessi fare …”

Torniamo al Mercato. Negli ultimi anni, nonostante il nostro Paese sia saldamente primo, il mercato rileva un calo, sia nella produzione che nel fatturato. Come indica Luigi Consiglio, presidente di Gea, nell’ultimo decennio la quota di mercato nazionale della produzione è calata del 6%, ovvero passando dal 30% al 24%. Anche l’export è passata dal 59% al 47% (-12%). I motivi di questo calo sono preoccupanti, perché le grandi aziende produttrici italiane come Barilla, Divella, Garofalo, Voiello, Agnesi, Granarolo, La Molisana, Pallante, ecc vedono perdere quote di mercato a livello internazionale, elemento che espone questi marchi ad avere meno forza commerciale rispetto alle multinazionali americane ed orientali.

L’area di maggiore sofferenza è però nella produzione del frumento duro, ovvero del grano. Sono oltre 600 mila gli ettari di terre abbandonate. Terre che erano destinate alla coltivazione del grano duro.

Sentendo alcuni coltivatori pugliesi, il principale motivo di questa rinuncia alla coltivazione è legato al borsino di vendita. Negli ultimi anni il prezzo di vendita al quintale è passato da 25 euro a meno di 15. Rendendo economicamente non sostenibile la coltivazione e, soprattutto il raccolto.

Inoltre, si è attivato un processo di sussistenza che produce fermi di sette anni di coltivazione in cambio di 360 euro ad ettaro da parte della regione (fonte: Giulio Ambrosetti) A completare il quadro è la guerra dei prezzi nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO), che abbatte eccessivamente il prezzo di vendita al pubblico della pasta secca e all’uovo.

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Un altro punto preoccupante è l’importazione di grano dall’estero. L’Italia da sempre ha dovuto importare grano duro, ma negli ultimi anni con la politica dell’UNIONE EUROPEA, questo processo è aumentato, aprendo il dubbio sulla qualità finale della pasta italiana.

E’ però con il CEDA (Accordo economico e commerciale globale) che l’opinione pubblica e i produttori hanno iniziato a osteggiare queste politiche. Sia perché apre a importazioni da Paesi che usano direttamente o indirettamente OGM, come il Canada, sia perché rende la concorrenza per i nostri coltivatori impossibile da fronteggiare.

Infatti, costi minori di produzione, di controlli e di gestione, ci espone ad un rischio elevato in termini di competitività.

Infatti, costi minori di produzione, di controlli e di gestione, ci espone ad un rischio elevato in termini di competitività.

COSA FARE PER LA CRISI DELLA PASTA ITALIANA?

Proviamo a parlarne con Manuel Magni, del Pastificio di Amante. Il suo pastificio si definisce, come è indicato sul sito, a conduzione familiare da due generazioni, è nato dalla nostalgia degli antichi sapori della tradizione gastronomica italiana, con un nome fortemente significativo, reale espressione di ciò che rappresenta: gioielli culinari realizzati con amore.

Pastificio di Amante

La produzione infatti è di altissimo pregio. Motivo per cui i suoi prodotti vengono scelti e proposti anche dagli chef come le Campanelle degli Angeli ai tre colori che la chef Renata Laria propone nella video ricetta realizzata per il Fight Eat Club.

D: “Manuel, il tuo è un pastificio a conduzione familiare, come riuscite ad emergere in un mercato in cui l’Italia è al primo posto come produttore mondiale di pasta?”

R: “Non è semplice oggi emergere in un mercato nel quale c’è moltissima concorrenza; realizzare prodotti di qualità non è sufficiente, è necessario proporli al consumatore attraverso una comunicazione efficace, supportandolo nella scelta e soprattutto nelle modalità di utilizzo, consigliando abbinamenti e ricette ad hoc. In questo senso, una realtà come Fight Eat Club può rivelarsi un ottimo strumento.”

D: “Il Mercato della Pasta in Italia registra negli ultimi anni un calo della produzione e dell’export. E’ un dato che vale solo per i grandi produttori di pasta, oppure anche le realtà di eccellenza medio piccole come la vostra, risente di questo calo?”

R: “Considero si tratti di un dato valido per i grandi volumi, quindi per i grandi produttori industriali. Per quanto riguarda noi, il trend degli ultimi 3 anni, seppur con numeri non paragonabili ai Pastifici industriali, rivela una crescita costante sia in termini di volumi di produzione, sia in termini di export. Oggi è sempre più marcato il divario tra chi acquista prodotti a basso prezzo per ragioni di difficoltà economica e chi, potendo spendere, predilige la qualità.”

D: “Tra le motivazioni del calo di produzione della pasta in Italia, gli esperti indicano l’eccessivo abbattimento del costo al pubblico nelle GDO e la conseguente azioni di abbattimento costi nella filiera della pasta italiana, portando il valore del frumento duro coltivato sotto una quota preoccupante per i coltivatori. Cosa ne pensi al riguardo?

R: “Sicuramente questa è una delle motivazioni, alla quale aggiungo una certa campagna informativa volta a screditare la pasta dal punto di vista salutistico. A questo proposito, le associazioni di categoria stanno portando avanti una controcampagna chiamata “the truth about pasta” nella quale si evidenzia come sia scientificamente provato che la pasta, pilastro della dieta mediterranea, sia un alimento sano, buono, che non fa ingrassare e a basso impatto ambientale.”

D: “Il fatturato per i produttori di Pasta in Italia è in calo ma è un valore importante per il PIL Italiano, 4.90 miliardi di euro annui. Possibili soluzioni per non perdere il primato di produttori mondiali di Pasta pare sia l’acquisto di grano (frumento duro coltivato) dall’estero. Infatti, il Parlamento Europeo ha approvato in questi mesi un trattato commerciale internazionale col Canada (CETA) che prevede l’acquisto da parte dell’Europa di grano duro dal Canada. Cosa ne pensi in merito?

La produzione di grano italiano non è in grado di coprire il fabbisogno complessivo dei produttori nazionali. Oltretutto è in atto una campagna denigratoria nei confronti del grano che proviene dall’estero e quindi di tutti i prodotti contenenti grano duro straniero che vengono a priori considerati scadenti, quando invece non è detto che lo siano; sono molti i fattori che determinano la qualità di un grano, che dipende anche dal luogo e dalle modalità di coltivazione.

Per quanto ci riguarda, per le nostre linee “Top Quality” e “Bio” utilizziamo solo grani duri italiani, mentre per la linea “Gourmet” una piccola parte del grano proviene dalla Francia e viene miscelato a quello italiano, comunque di ottima qualità.

D: “Parlando sempre di CETA, in Sicilia e Puglia i produttori di grano duro sono pagati dalle Regioni per fermare la coltivazione per 7 anni, tenendo i terreni a pascolo. La GDO impone i prezzi di vendita all’ingrosso, abbattendo negli ultimi anni i ricavi dei coltivatori. Il Mercato di Chicago, il principale al mondo, ha fatto crollare il prezzo del grano, favorendo chi oggi produce con OGM. Negli ultimi anni, in Italia con il prezzo del grano sotto i 15 euro al quintale, oltre 600 mila ettari di terreno destinato alla coltivazione del grano duro è stato abbandonato, soprattutto al Sud. In questo quadro generale la paura è di perdere realmente l’italianità della pasta, avendo un primato nella produzione ma dando vita ad un prodotto qualitativamente peggiore della nostra fama. Una soluzione potrebbe essere una realtà come la tua, ovvero piccoli e medi produttori d’eccellenza?”

R: “Purtroppo, la situazione è quella che hai descritto ma per mantenere alto il livello qualitativo non è sufficiente utilizzare un grano di qualità; oltre a questo infatti (che è comunque una condizione essenziale) contano allo stesso modo il tipo di lavorazione e di essiccazione, che deve essere lenta e a bassa temperatura in modo da mantenere inalterate tutte le proprietà nutritive della materia prima. Qui possiamo ripartire. Dalle produzioni d’eccellenza”.

La Soluzione è forse quella prospettata da Manuel Magni, ripartire dalle produzioni d’eccellenza.

Eccellenza non superabile dai competitors esteri, in quanto l’eccellenza permette al gusto italiano di vivere nei nostri piatti senza contaminazioni di influenze del mercato.

La piccola produzione, ancorata ad una filiera corta e, quindi la possibile  controtendenza di questa crisi. Ottenere un maggior fatturato, una maggiore produzione, senza estromettere le nostre migliori materie prime è la Ricetta Italiana per la Pasta,ma è evidente che lo è anche per le altre nostre eccellenze enogastonomiche.